EDITORIALE - Il diabete mellito in medicina veterinaria, quale futuro?

Ne è passato di tempo da quando, nel 1921, Nicolae Constantin Paulescu (Bucarest, 30 Ottobre 1869-Bucarest, 17 luglio 1931) scoprì e poi brevettò la pancreina. L’anno successivo, due ricercatori canadesi, il dottor Frederick Grant Banting ed il biochimico John James Richard Macleod, applicando le ricerche di Paulescu, pubblicano sul Journal of Laboratory and Clinical Medicine un articolo sulla normalizzazione della glicemia in un cane diabetico con l’uso di un estratto pancreatico acqueo. Nel 1923, il comitato per il Nobel di Stoccolma assegna il Premio per la Fisiologia e la Medicina a Banting e Macleod, ignorando del tutto il lavoro e le ricerche di Paulescu. Da allora sono stati fatti passi da gigante nella gestione terapeutica del diabete mellito, patologia che rimane fra le più diffuse e purtroppo lontana da essere debellata. Anche nel cane e nel gatto il diabete mellito è una disendocrinia estremamente comune e molti gruppi di ricerca veterinaria lavorano per ottenere i migliori risultati terapeutici. Sul fronte della terapia insulinica si è recentemente valutato se gli analoghi insulinici, ossia insuline con sequenza amminoacidica modificata per migliorarne la farmacocinetica, possano avere un ruolo nella gestione di tale patologia anche in veterinaria.1 Senza dubbio il primo analogo insulinico, introdotto sul mercato più di 10 anni fa, ossia l’insulina glargine, ha dato ottimi risultati nel gatto2 e discreti nel cane.3 Nel cane non è ancora chiaro quale sia la migliore opzione insulinica in termini di efficacia e sicurezza; l’insulina mista di origine suina è attualmente l’unica registrata in Italia per la medicina veterinaria e rappresenta senza dubbio un buon farmaco per il cane. Nell’uomo affetto da diabete di tipo 1, la gestione terapeutica si basa solitamente sulla somministrazione mono-giornaliera di una insulina ultralenta alla quale si associano piccoli “boli” di insulina rapida in corrispondenza dei pasti; tale approccio permette di minimizzare il picco iperglicemico postprandiale ottimizzando il controllo glicemico nell’arco della giornata. Un analogo approccio è attualmente di difficile applicazione nel cane e nel gatto nei quali comporterebbe un elevato rischio di ipoglicemia. L’introduzione di nuovi metodi di monitoraggio, e soprattutto di strumentazioni in grado di monitorare costantemente il glucosio interstiziale, potrebbe favorire, nei prossimi anni, un approccio terapeutico più intensivo ed efficace al pari di quanto avviene nell’uomo. Lo sviluppo di nuove tecnologie ha notevolmente migliorato la qualità del monitoraggio del paziente diabetico. Una delle più importanti innovazioni nella gestione del diabete mellito umano è stata l’introduzione, negli anni ’80 e ’90, di glucometri portatili per l’auto monitoraggio glicemico. Di pari importanza è stata in veterinaria l’introduzione del così detto “home monitoring”, ossia il monitoraggio a casa, da parte del proprietario, dei valori glicemici del proprio animale.1 Nell’uomo sono recentemente stati prodotti dei microinfusori capaci di leggere istantaneamente il glucosio interstiziale e di modificare la somministrazione di insulina istante per istante, autonomamente, sulla base di questa rilevazione. Non appena queste tecnologie raggiungeranno costi meno elevati rispetto agli attuali, verranno senza dubbio considerate anche per la gestione terapeutica in medicina veterinaria. Nel mondo anglosassone stanno prendendo piede delle App per cellulare/tablet in grado di registrare i dati del cane o gatto diabetico (attività fisica, acqua assunta, alimentazione, dosi di insulina, misurazioni glicemiche) per un ottimale monitoraggio dei parametri clinici e per una più rapida e semplice comunicazione fra proprietario e medico veterinario. Anche queste tecnologie, con il tempo, molto probabilmente si affineranno per garantire una migliore qualità di vita agli animali diabetici e di riflesso ai loro proprietari. Recentemente sono state sintetizzate nuove molecole chiamate in modo generico “incretine” in grado di migliorare la secrezione di insulina e contrastare l’iperglicemia nell’uomo, in particolare nei soggetti con diabete di secondo tipo. I primi studi nel gatto sull’uso di tali molecole sono promettenti.4 È auspicabile che la diabetologia del futuro si basi sul concetto di prevenzione, con terapie atte a bloccare il processo patologico già in stati pre-diabetici. Per arrivare a tanto bisognerà probabilmente attendere a lungo dal momento che la fisiopatologia di questa malattia, soprattutto nel cane e nel gatto, è ancora lontana da essere compresa a fondo. Nel frattempo continuiamo a lavorare per garantire un’ottimale qualità di vita ai nostri cani e gatti diabetici auspicando che perlomeno il trapianto di beta cellule superi al più presto i grossi problemi di rigetto che ne compromettono un utilizzo su larga scala.

BIBLIOGRAFIA
1. Fracassi F. Canine Diabetes Mellitus. In: Ettinger SJ, Feldman EC, Cotè E, eds. Textbook of Veterinary Internal Medicine, 8th ed. St. Louis, MO: Elsevier, 2017, pp. 1767-1781.
2. Sparkes AH, Cannon M, Church D et al. ISFM consensus guidelines on the practical management of diabetes mellitus in cats. Journal of Feline Medicine and Surgery 17:235-250, 2015.
3. Fracassi F, Boretti FS, Sieber-Ruckstuhl NS et al. Use of insulin glargine in dogs with diabetes mellitus. Veterinary Record 170:52, 2012.
4. Riederer A, Zini E, Salesov E et al. Effect of the glucagon-like peptide-1 analogue exenatide extended release in cats with newly diagnosed diabetes mellitus. Journal of Veterinary Internal Medicine 30:92-100, 2016.

Additional Info

  • Authors: Fracassi F.
  • Authors note: Federico Fracassi - Med Vet, PhD, Dipl. ECVIM-CA Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie Alma Mater Studiorum Università di Bologna
  • Year: 2017
  • Reference: Veterinaria Year 31, n. 2, April 2017
  • Pages: 67 - 68
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